Maremma
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Tutti mi dicon Maremma Maremma
ma a me mi pare una Maremma amara
L’uccello che ci va perde la penna
io c’ho perduto una persona cara
Chi va in Maremma e lascia la montagna
perde la dama e niente ci guadagna
Sempre mi piange il cor quando ci vai
perché ho paura che non torni mai
Sia maledetta Maremma Maremma
sia maledetta Maremma e chi l’ama
Tous me disent Maremme, Maremme,
mais elle me semble une Maremme amère
L’oiseau qui y va perd la plume
moi, j’y ai perdu une personne chère
Qui va à la Maremme et quitte la montagne
perd sa dame et rien ne gagne
Mon cœur pleure toujours quand tu pars
car j’ai peur que tu ne reviennes jamais
Soit maudite, Maremme, Maremme,
soient maudits la Maremme et celui qui l’aime
Canto toscano raccolto da Caterina Bueno negli anni Sessanta.
Il testo racconta la disperazione di chi si trova a dover lasciare la propria terra, soprattutto le montagne, per andare a lavorare in Maremma, all’epoca una vasta zona di paludi insalubri. I lavori di bonifica, iniziati nel 1829, coinvolsero decine di migliaia di persone arrivate da tutta Italia, in condizioni estreme anche a causa dalla diffusione della malaria. Andare in Maremma poteva significare non tornare mai più.
Le parole, pubblicate per la prima volta nel 1860 ma sicuramente più antiche, sono cantate su un’aria popolare estremamente diffusa in tutto il centro-nord Italia fin dal sedicesimo secolo.
Armonizzazione di Agelo Pugolotti, ispirata alla versione dei Cardellini del Fontanino.