Il nemico alle spalle
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In questa rubrica, curata da Radiocane e Lorenzo Valera, si è cercato di dare voce a una delle tante forme con cui si esprimeva il “no” alla Grande Guerra, quella del canto popolare, dove risuonano innumerevoli atti e parole di sofferenza, insubordinazione e ribellione. Sepolti dalla censura durante il conflitto, dalla retorica apologetica del ventennio in camicia nera e dal patriottismo tricolore della Repubblica, i canti contro la guerra sono riusciti ad arrivare fino a noi per dirci che spesso disobbedire è un imperativo morale.
Interpretazioni originali a cura di Lorenzo Valera e Livia Brambilla.
Realizzazione tecnica a cura di Lorenzo Alberti
1 – Tra il Masetti e il Luisin
Che cosa si cantava in Italia alla vigilia della Grande Guerra? Inni socialisti e anarchici, parodie delle canzoni ufficiali del colonialismo italiano e soprattutto canti popolari di provenienza risorgimentale: un repertorio che ben esprimeva un immaginario antimilitarista antico e ben radicato nelle classi subalterne italiane, trascinate verso un massacro inutile e insensato. In questa puntata si cercherà di prestar ascolto a una delle tante forme con cui si esprimeva il “no” alla Grande Guerra, quella del canto popolare, dove risuonano innumerevoli atti e parole di sofferenza, insubordinazione e ribellione. Sepolti dalla censura durante il conflitto, dalla retorica apologetica del ventennio in camicia nera e dal patriottismo tricolore della Repubblica, i canti contro la guerra sono riusciti ad arrivare fino a noi per dirci che spesso disobbedire è un imperativo morale.
All’entrata dell’Italia nel conflitto, si muovono non solo milioni di poveri disgraziati mandati al macello da “quei vigliacchi di quei signori”, ma anche la macchina della propaganda che deve giustificare l’incipiente massacro. Vi partecipano “quei giovani studenti” che “la guerra han voluto” e “han gettato l’Italia nel lutto” e la schiera degli intellettuali interventisti. Alla loro stucchevole retorica si contrappongono l’istintiva consapevolezza popolare e le voci di chi dalle trincee maledice il “sovrano macellaro”
3 – Qui si muore gridando “Assassini”!
Nel pieno dell’insensata carneficina, “fuoco e mitragliatrici, si sente il cannone che spara”. Il sangue s’impasta con la terra nelle trincee, sulle alture, sui monti. Toponomastica del massacro: Monte San Michele, Monte Cappuccio, Gorizia… “e il ritorno per molti non fu”.
A fronte dell’insensata e spietata logica della guerra, in cui si deve uccidere e farsi ammazzare per gli interessi dei padroni, nulla di più logico e sensato dell’insubordinazione, la diserzione, la rivolta. Di queste storie narra questo quarto volume, episodi di un’umanità che dovette fronteggiare sentenze di tribunali, fucilazioni sommarie, decimazioni sul posto. Non a caso si cantava: “maledetto sia Cadorna, prepotente come d’un cane”
“Da qui a cent’anni, quanno / ritroveranno ner zappà la terra / li resti de li poveri sordati / morti ammazzati in guerra, / pensate un po’ che montarozzo d’ossa, / che fricandò de teschi / scapperà fòra da la terra smossa!”. Così scriveva Trilussa, cent’anni fa, nel descrivere l’assurdità della guerra. Ultimo episodio del ciclo di trasmissioni sul canto popolare contro la Grande guerra. in cui risuonano gli stornelli contro Cadorna e il dolore degli sfollati, il dramma dei prigionieri di guerra e l’amarezza dei reduci.